mercoledì 16 ottobre 2013

Prigionieri politici Via Tasso


Oggetto: La rivoluzione di Di Battista (M5S) - la tragedia palestinese – Via Tasso – Italia protagonista per la pace
Cari Presidente della Repubbica Giorgio Napoletano, Presidente del Consiglio Enrico Letta, Deputati del Parlamento italiano,
Alessandro Di Battista, M5S, ha affermato che è il suo Movimento che risolverà i problemi dell'Italia, ma nella maniera che è dei “movimenti rivoluzionari” come il M5S, i quali “vincono o perdono, non pareggiano mai”.
Come attivisti per la pace, ci interessa la posizione di Di Battista perché, nella sua qualità di Vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari del parlamento italiano, si è occupato recentemente della Palestina visitando fugacemente i Territori palestinesi occupati – ma a quel gesto isolato è seguito il silenzio e l'assoluta mancanza di iniziative.
Mentre in tutto il Mondo Arabo e nella Palestina, che è problema di casa nostra, del nostro Mediterraneo, la situazione degenera drammaticamente e rischa di deflgrare in maniera rovinosa. Un provvedimento indispensabile è premere sul governo israeliano perché determini un allentamento di tensione con il Mondo Arabo, eliminando almeno, e da subito, alcune delle più disumane storture della sua occupazione militare dei Territori palestinesi occupati (questa la definizione ufficiale Onu e organismi internazionali).
Una di queste storture sono le sue carceri piene di prigionieri politici: migliaia (oltre 5.000), anche con una minoranza di delinquenti comuni, ma per lo più patrioti. Che di patrioti si tratti lo dimostra la sceneggiata delle “liberazioni di massa” che periodicamente Israele concede al governo di Abbas.
Del resto, come può essere diversamente, dal momento che, nei Territori occupati, palestinesi e arabi sono sottoposti alla legge militare? Al contrario degli ebrei che rispondono alla magistratura civile. Esattamente come le infami Pass Laws nell'apartheid sudafricano. E peggio, perché in Palestina vigono da oltre 65 anni, il più lungo periodo di apartheid di stato della storia contemporanea.
Le carceri israeliane non sono luoghi di detenzione per criminali, ma sono tante famigerate Spielberg (Pellico Maroncelli, i patrioti del nostro Risorgimento), Robbeneiland (Nelson Mandela e tutta la Resistenza sudafricana), Via Tasso (luogo di reclusione e tortura da parte delle SS per oltre 2000 antifascisti): penitenziari politici di repressione dello Stato occupante dove segregare e punire, seviziando e negando diritti, i patrioti palestinesi.
Il 2 dicembre ci sarà un bilaterale Italia-Israele a Torino. Questa deve essere una delle richieste del nostro governo: Israele liberi subito i prigionieri politici chiusi nelle sue carceri. È una richiesta dovuta, se il nostro paese vuol essere con i fatti uno Stato democratico!
Attivandosi anche per la rivoluzione finale, che sarà la creazione di un unico Stato democratico e laico per tutti i suoi cittadini, palestinesi e ebrei, dal Mediterraneo al Giordano, basato su una costituzione democratica e la Dichiarazione universale dei diritti umani, che garantisca a tutti la libertà e pari diritti, senza discriminazioni sulla base di etnia, religione, sesso, colore della pelle, lingua, nazionalità, opinione politica, origine sociale e luogo di nascita, e realizzi una pace stabile e definitiva in quella zona, focolaio di tensione in tutto il Mondo Arabo, alle porte di casa nostra.
Siamo convinti che, con i poteri conferitiLe dalla Costituzione democratica e repubblicana, si attiverà, signor Presidente, perché il governo italiano nato dalla Resistenza sia all'altezza della sua naturale missione di pace e legalità.

World Bank: Israel stifles Palestinian economy

http://www-wds.worldbank.org/external/default/WDSContentServer/WDSP/IB/2013/10/03/000456286_20131003173450/Rendered/PDF/AUS29220GZ0Are030Box379840B00OUO090.pdf

Lettera Buffa 21.10.2013 OGGETTO: Shoah e Nabka esperienze universali comuni del popolo ebraico e palestinese


Lettera Buffa 21.10.2013 OGGETTO: Shoah e Nabka esperienze universali comuni del popolo ebraico e palestinese
Egregio Presidente Giorgio Napolitano, in vista dell’incontro bilaterale Italia- Israele, che si terrà a Torino il 2 dicembre, Le scriviamo per esprimere l’inquietudine e lo spaesamento che proviamoo per la drammatica situazione del popolo palestinese, situazione che rischia una sclerotizzazione, se manca uno sforzo comune, ovvero il ri-orientamento della politica in direzione della giustizia, tramite una dialettica del ri-conoscimento dell’altro: nel nostro dovere di essere in-relazione con gli altri esseri sta quell’atteggiamento esistenziale volto a realizzarci attraverso e non contro l’altrui dignità. Il non ri-conoscere i crimini compiuti nei confronti del popolo palestinese si traduce, più in generale, nel mancato riconoscimento degli altri, che colpisce non solo la vittima, ma l’intero tessuto sociale che lega gli esseri umani . Oggi più che mai è necessaria una torsione dello sguardo al muro dell’apartheid, ai percorsi ad ostacoli dei check point, ai cumuli d’immondizia dei campi profughi, alla denegazione forzata di un’identità palestinese in aree sempre più estese nella città sacra di Gerusalemme, magico crocevia di straordinarie e diverse civiltà. E tuttavia, “esaminare e portare coscientemente il fardello che il nostro secolo ci ha posto sulle spalle non basta”. La responsabilità che può, forse, mitigare il dolore ha a che fare più con il ‘rispondere’ all’appello che compare sul volto dell’altro. Incontrare il volto e rispondere alla sua domanda “consente di incontrare l’eccedenza personale ed esistenziale racchiusa in ogni storia “. Signor Presidente, rispondere all’appello dell’”altro “è oggi un dovere della politica. Non sono ammissibili rimozioni e oblii, se già Onu e Corte internazionale di giustizia hanno definito Israele “potenza occupante” e tutte le misure amministrative e legislative intraprese da Israele e volte ad alterare lo status di Gerusalemme, "violazione del Diritto internazionale". Signor Presidente, ripensando con commozione alla dolorosa vicenda di Samer Issawi, credo che sia più che mai urgente, in occasione dell’incontro bilaterale, domandare allo Stato di Israele la scarcerazione dei prigionieri politici dai quei luoghi di detenzione e repressione dello Stato occupante, dove segregare e punire i patrioti palestinesi, seviziare e negare diritti, è la norma. Ripenso ancora agli occhi del patriota Samer Issawi, e in quegli occhi vedo gli occhi di tutti gli uomini e di tutte le donne che hanno subito le garrote e i lager, i roghi e le pulizie etniche e le torture per affermare il bisogno ineludibile di libertà. Le abbiamo scritto per una ragione, Signor Presidente, perché mai e poi mai possiamo sentirci in pace di fronte ai “fatti compiuti”. Anzi , come diceva Adorno, è nel non essere mai appagati di ciò di cui si viene a conoscenza, che è la forma più alta di moralità: “è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria”.
Ha scritto il grande intellettuale palestinese Edward Said: “Capire cosa accadde agli ebrei d'Europa sotto il nazismo significa capire cosa vi è di universale nell'esperienza umana in circostanze catastrofiche. Significa compassione, umana simpatia, ripudio assoluto dell'idea che si possa uccidere un essere umano per ragioni etniche, religiose e nazionalistiche. [...] Tuttavia, se la coscienza degli arabi facesse progressi in questa direzione, bisognerebbe che altrettanto propensi alla comprensione e alla compassione si mostrassero gli israeliani e i loro sostenitori, che si sono impegnati in ogni sorta di diniego e in espressioni di non-responsabilità difensiva ogni volta che si è trattato di discutere del ruolo centrale giocato da Israele nella storica spoliazione del popolo palestinese. [...] Il fatto è che l'esperienza degli ebrei e quella dei palestinesi sono storicamente, anzi organicamente, connesse: separarle equivale a falsificare ciò che ciascuna ha di autentico”.
Confidiamo in Lei, presidente, perché questa nuova realtà sia alla base del prossimo incontro di Torino.