mercoledì 16 ottobre 2013

Lettera Buffa 21.10.2013 OGGETTO: Shoah e Nabka esperienze universali comuni del popolo ebraico e palestinese


Lettera Buffa 21.10.2013 OGGETTO: Shoah e Nabka esperienze universali comuni del popolo ebraico e palestinese
Egregio Presidente Giorgio Napolitano, in vista dell’incontro bilaterale Italia- Israele, che si terrà a Torino il 2 dicembre, Le scriviamo per esprimere l’inquietudine e lo spaesamento che proviamoo per la drammatica situazione del popolo palestinese, situazione che rischia una sclerotizzazione, se manca uno sforzo comune, ovvero il ri-orientamento della politica in direzione della giustizia, tramite una dialettica del ri-conoscimento dell’altro: nel nostro dovere di essere in-relazione con gli altri esseri sta quell’atteggiamento esistenziale volto a realizzarci attraverso e non contro l’altrui dignità. Il non ri-conoscere i crimini compiuti nei confronti del popolo palestinese si traduce, più in generale, nel mancato riconoscimento degli altri, che colpisce non solo la vittima, ma l’intero tessuto sociale che lega gli esseri umani . Oggi più che mai è necessaria una torsione dello sguardo al muro dell’apartheid, ai percorsi ad ostacoli dei check point, ai cumuli d’immondizia dei campi profughi, alla denegazione forzata di un’identità palestinese in aree sempre più estese nella città sacra di Gerusalemme, magico crocevia di straordinarie e diverse civiltà. E tuttavia, “esaminare e portare coscientemente il fardello che il nostro secolo ci ha posto sulle spalle non basta”. La responsabilità che può, forse, mitigare il dolore ha a che fare più con il ‘rispondere’ all’appello che compare sul volto dell’altro. Incontrare il volto e rispondere alla sua domanda “consente di incontrare l’eccedenza personale ed esistenziale racchiusa in ogni storia “. Signor Presidente, rispondere all’appello dell’”altro “è oggi un dovere della politica. Non sono ammissibili rimozioni e oblii, se già Onu e Corte internazionale di giustizia hanno definito Israele “potenza occupante” e tutte le misure amministrative e legislative intraprese da Israele e volte ad alterare lo status di Gerusalemme, "violazione del Diritto internazionale". Signor Presidente, ripensando con commozione alla dolorosa vicenda di Samer Issawi, credo che sia più che mai urgente, in occasione dell’incontro bilaterale, domandare allo Stato di Israele la scarcerazione dei prigionieri politici dai quei luoghi di detenzione e repressione dello Stato occupante, dove segregare e punire i patrioti palestinesi, seviziare e negare diritti, è la norma. Ripenso ancora agli occhi del patriota Samer Issawi, e in quegli occhi vedo gli occhi di tutti gli uomini e di tutte le donne che hanno subito le garrote e i lager, i roghi e le pulizie etniche e le torture per affermare il bisogno ineludibile di libertà. Le abbiamo scritto per una ragione, Signor Presidente, perché mai e poi mai possiamo sentirci in pace di fronte ai “fatti compiuti”. Anzi , come diceva Adorno, è nel non essere mai appagati di ciò di cui si viene a conoscenza, che è la forma più alta di moralità: “è non sentirsi mai a casa, nemmeno a casa propria”.
Ha scritto il grande intellettuale palestinese Edward Said: “Capire cosa accadde agli ebrei d'Europa sotto il nazismo significa capire cosa vi è di universale nell'esperienza umana in circostanze catastrofiche. Significa compassione, umana simpatia, ripudio assoluto dell'idea che si possa uccidere un essere umano per ragioni etniche, religiose e nazionalistiche. [...] Tuttavia, se la coscienza degli arabi facesse progressi in questa direzione, bisognerebbe che altrettanto propensi alla comprensione e alla compassione si mostrassero gli israeliani e i loro sostenitori, che si sono impegnati in ogni sorta di diniego e in espressioni di non-responsabilità difensiva ogni volta che si è trattato di discutere del ruolo centrale giocato da Israele nella storica spoliazione del popolo palestinese. [...] Il fatto è che l'esperienza degli ebrei e quella dei palestinesi sono storicamente, anzi organicamente, connesse: separarle equivale a falsificare ciò che ciascuna ha di autentico”.
Confidiamo in Lei, presidente, perché questa nuova realtà sia alla base del prossimo incontro di Torino.

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